L'iniziativa fa parte di un esercizio OCSE, che ha definito un questionario armonizzato utilizzato da 26 paesi. Seguendo la metodologia OCSE, l'indicatore di educazione finanziaria è la somma dei punteggi calcolati per tre aspetti: le conoscenze, i comportamenti e le attitudini (atteggiamenti).
L'indagine conferma la posizione di ritardo dell'Italia nel confronto internazionale, già emersa nell'indagine del 2017, nonostante un miglioramento delle conoscenze finanziarie, a fronte della sostanziale stabilità nei comportamenti e nelle attitudini.
L'alfabetizzazione differisce nella popolazione a seconda del livello di istruzione - che risulta la variabile più rilevante - del genere, dell’età e della localizzazione geografica degli intervistati: i laureati vanno meglio dei non-laureati. Inoltre, negli uomini è in media più alta rispetto alle donne, è molto bassa tra i giovani, raggiunge i livelli massimi per gli intervistati di circa 45 anni, per poi scendere.
La posizione di retroguardia degli italiani nella classifica si spiega, almeno in parte, con i livelli minori di istruzione e con la quota più alta di anziani rispetto agli altri paesi.
Gli italiani comunque sono consapevoli dei loro limiti: oltre il 50% degli intervistati valuta, infatti, il proprio livello di cultura finanziaria inferiore a quello medio, contro il 20% registrato nei paesi OCSE. Le donne tendono a sottostimare maggiormente le proprie conoscenze rispetto agli uomini: un terzo di esse ritiene di possedere un livello di conoscenza più basso della media nonostante il loro punteggio risulti superiore.
Occorre riflettere sul fatto che ben 8 milioni di italiani, pur non avendo un livello di competenze adeguato, gestiscono ogni giorno l'economia familiare, e sono vulnerabili agli errori e alle truffe finanziarie, in assenza di una rete di protezione adeguata.
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